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giovedì 7 giugno 2007

La Forza di Lei

Pubblico con grande piacere questo bel racconto breve, anzi brevissimo, che uno dei miei più cari amici ha scritto per partecipare a un premio letterale indetto dell'associazione culturale Energheia di Matera: visto il pochissimo spazio a disposizione (4000 battute) Giuseppe ha scelto la forma epistolare per sviluppare una storia a dir poco deliziosa.


La Forza di Lei

Carissimo,

scusa se non ti ho scritto da molto, ma gli eventi successi sono stati tali e tanti da risultare incredibili pure per me. Non ti dico tutto subito per non rovinarti la sorpresa. Ma cominciamo da dove si comincia. Allora tu sai quanto io sia orgoglioso di essere Carabiniere. Quando lo sono diventato finalmente, dopo un'anno di esercito, i corsi e il tirocinio, mi sono sentito Forte, finalmente mi sono sentito che nella vita potevo contare qualcosa. E questo mi ripagava di tutte le umiliazioni subite in famiglia, da mio padre, dai miei fratelli tutti più grandi e forti di me. Adesso ero io che facevo parte delle Forze dell'Ordine e che magari potevo fermare a loro col loro camion e fargli pure un verbale.

Per un sacco di tempo mi è toccato fare lavoro d'ufficio. D'altra parte si capisce, tocca imparare il mestiere e non bastano certo i corsi che cianno fatto assieme per diventare dei veri Carabinieri. Poi un giorno il Capitano mi fa: "Varriale c'è un lavoro per voi. Una missione operativa. Si tratta di liberare un seminterrato abusivamente occupato. Dovete presentarvi all'indirizzo, accertare il numero e l'identità degli occupanti e consegnare questa ingiunzione di sgombero al responsabile della abusiva occupazione. Mi raccomando ! Niente iniziative personali ! Vai all'indirizzo, osserva la situazione insieme al tuo collega e se vi sembrasse critica o anche solo dubbia chiamate!"

Ci recammo assieme al collega al posto indicato. Un villino vecchio che una volta, ma proprio una volta doveva essere stato in campagna. Il cancello o quello che ne rimaneva era stato scardinato da tempo. Il collega aspettò fuori ed io entrai nel vialetto pieno d'erba. La casa sembrava piuttosto malconcia e solo le finestre e la porta del piano seminterrato parevano buone.
Sinceramente non ero tranquillo. Troppo silenzio. Ero pronto a tutto. Sai com'è, la fantasia corre. Chissà chi c'è dentro. E se sono dei veri delinquenti ? E se sparano prima loro ? No sarebbe troppo stupido. Ma se sono dei balordi, magari dei tossici.

Ormai ero di fronte alla porta. Mi sistemai bene la divisa. Bussai.

"Buongiorno, venga !" Ero pronto a tutto, ma queste parole e il sorriso di chi le aveva dette mi spiazzarono totalmente. A dirle era una ragazza. Aveva con se un bimbo, suo figlio nato in Italia. Quello che mi impressionava è che malgrado la situazione inguaiata, straniera, con permesso, senza più il lavoro ed ora senza manco una casa, emanava gioia, gioia di vivere. Raccolse i bagagli che aveva già preparato. "Se mi accompagna da Don Mario avrà completato la sua missione." Non sapevo che rispondere. Chiamai Don Mario, la conosceva e l'avrebbe sistemata lui, chiesi il permesso al capitano, andammo.

Mentre andavamo continuava a sorridere e a parlare dei suoi progetti. Quando non lavora studia, magari col tempo si prenderà pure una laurea. Una laurea... io manco se piango in cinese me la piglio. Più la guardavo più capivo che non emanava solo gioia ma anche forza. Forza vera. Quella ragazza in poco tempo, mi fece capire che la forza non è nei muscoli, non è in un arma, non è in una divisa. La forza non è neppure nella Legge e nella Autorità, come non è nella ricchezza. La forza di lei sta nel sorriso e nella vita. Sta nel saper affrontare una realtà e un destino disperato con una fiducia incrollabile e col sorriso sulle labbra. Avere Fede vuol dire inanzi tutto avere fiducia nel futuro.

E così l'ho aiutata. Non potevo accettare che finisse male. L'ho aiutata cercare un'altro lavoro, a districarsi fra le mille norme leggi leggine moduli e moduletti della burocrazia italiana in modo da farle tenere il figlio.

Da quel giorno ne sono successe di cose. Ma non posso raccontartele tutte ora. Il bimbo piange e non voglio che Irina si svegli.

Perché
, e questo è veramente incredibile, a forza di aiutarci e conoscerci alla fine ci siamo sposati. Ora, amico mio, mi sento forte dentro e pronto ad affrontare il futuro.

Un abbraccio, G. Varriale
(Giuseppe Levi)

2 : commenti:

Anonimo ha detto...

la storia del tuo amico sembra quasi un film...tanti Auguri Giuseppe, credo che ora il tuo sorriso sia luminoso come quello della tua Irina.

un piccolo commento all'immagine di Klimt...ma perchè "Le Tre età Della Donna" vengono sempre ridotte a Due?!
ciao Dany!

Daniele Passerini ha detto...

Ciao Chiara,
per rispondere alla tua domanda... mah, una risposta potrebbe essere che a partire dalla seconda metà del XX secolo la vecchiaia è stata estromesa - a torto - dai canoni della bellezza... di certo Klimt non apprezzerebbe!
Io giravo su google-immagini cercando qualcosa di adatto a questo post e per caso mi è caduto l'occhio sul particolare dell'opera di Klimt, sinceramente non ci avrei mai pensato altrimenti, e ho trovato che (anche se c'è una bimba e non un bimbo) potesse collegarsi bene alla figura di Irina nel racconto.

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