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sabato 14 aprile 2007

Non passerò più per questa strada

Passerò solo una volta per questa strada. Qualunque opera buona io possa fare o qualsiasi gentilezza io possa mostrare a chiunque, che possa farla adesso e non rimandarla, perché non passerò più per questa strada.


Mi sono permesso di modificare lievemente l'attacco di questa citazione di Stephen Grellet - missionario quacchero nato in Francia a Limoges e vissuto oltreoceano nel New Jersey (1773-1855) - che nella versione originale suona: Passerò solo una volta per questo MONDO.
Spero che non venga considerata mancanza di rispetto nei confronti del lontano autore o mia presunzione... ognuno testimonia ciò in cui crede e la frase di Grellet - salvo la sola parola mondo sostituita con strada - coincide con il mio sentire ed è comunque talmente bella che mi sembrava ancora peggio parafrasarla. Non voglio affrontare qui discorsi complessi, in breve la credenza della reincarnazione è diffusissima nel mondo e se oggi suona come "orientale" è solo perché la cultura occidentale ne ha perso memoria, benché un tempo fosse ben radicata in essa (basti pensare alla filosofia di Platone o ai Vangeli apocrifi). Del resto la stesse scienze umanistiche oggi studiano seriamente questa ipotesi: un esempio per tanti (preso da Wikipedia) l'estratto di una ricerca pubblicata sull'inserto de LE SCIENZE abbinato al quotidiano LA STAMPA del 21/06/06.
Il direttore della clinica di psichiatria infantile della Virginia University, Jim B. Tucker, psichiatra, ha effettuato uno studio sui bambini che ricordano vite precedenti. Nel suo saggio: "Life before Life: a scientific investigation of children's memories of previous life", descrive 40 anni di ricerche, condotte su bambini che affermano di ricordare vite vissute nel recente passato. I bambini provengono da ogni angolo del pianeta e da ogni tipo di famiglie. L'età di questi bambini varia dai 2 ai 6 anni poi tali ricordi vengono dimenticati. I ricercatori una volta raccolte le testimonianze, sono andati personalmente nei posti indicati dai bambini ad incontrare le persone di cui avevano parlato, riscontrando che avevano detto la verità. I bambini non usano l'espressione "vita precedente" ma parlano con chiarezza di ciò che è avvenuto in passato. Un bambino turco, per esempio, diede molti dettagli alla sua famiglia sulla città di Instanbul, che si trovava molto lontano dal luogo dove abitava, aggiungendo particolari di parenti avuti in passato con nomi armeni assieme ai relativi indirizzi di casa. Ricordava anche i nomi della moglie e dei figli. Alcuni bambini ricordano le vite precedenti, altri no, ma Tucker ha notato che nel 70% dei casi i bambini ricordano morti avvenute in circostanze non naturali, quali incidenti o episodi traumatici improvvisi. Ci sono momenti in cui memoria ed emozioni sopravvivono, e ciò porta ad ipotizzare che la coscienza non è un prodotto del cervello, ma piuttosto un'entità distinta, capace di sopravvivere anche dopo la morte del corpo. L'autore della ricerca, anche se preferisce non usare il termine "reincarnazione" afferma che tale possibilità non possa essere esclusa del tutto. Comunque Tucker preferisce parlare di prove concrete sulla sopravvivenza delle emozioni umane in presenza di specifiche circostanze.
Secondo una consueta (e superficiale!) critica, credere che l'anima abbia più vite per evolversi tramite l'incarnazione, deresponsabilizzerebbe la persona dall'impegnarsi in quella presente, qui ed ora. In realtà la teoria della re-incarnazione è abbinata a quella del karma, detta anche teoria di conseguenza o di causa-effetto: conducendo una vita "non retta" si accumula karma per le vite future piuttosto che risolvere quello già accumulato nel passato.  Dunque sia i cattolici che i reincarnazionisti (uso questo termine per indicare tutti i credenti che contemplano l'idea della reincarnazione) hanno lo stesso identico interesse a "purificare" la loro anima "ripagando torti ed errori commessi, sia che collochino il "traguardo" al termine di questa oppure di tante altre vite. Dunque per entrambi ogni "strada" incontrata è un'opportunità unica e irripetibile, un dono di Dio: potranno presentarsene altre, certo, ma non quella e comunque non sappiamo quando, per questo non va mai sprecata. Questo il senso profondo della preghiera di Grellet.

3 : commenti:

Anonimo ha detto...

L'esperienza della trascendenza dei confini con i quali solitamente percepiamo la realtà non solo è accessibile, ma è sicuramente già stata sperimentata in diverse occasioni da ognuno di noi.

A tutti è sicuramente già successo, di fronte ad un cielo stellato, a un tramonto, in un momento d'amore o davanti allo sguardo di un bambino, di sentirsi, anche solo per un istante, in contatto con una realtà più vasta, di sentire che non siamo soli che c'è qualche cosa di più grande che ci abbraccia, ci include, ci sostiene e da improvvisamente significato a tutta l'esistenza.
Forse sono stati solo istanti, che hanno lasciato una forte impressione per poi svanire con la stessa rapidità con cui erano apparsi, come piccoli viaggi in elicottero sulle vette del nostro mondo interiore, sufficienti a risvegliare il desiderio di intraprendere, a piedi questa volta, il lungo sentiero che porta a riconquistare quella stessa vetta.

Riconoscere, a poco a poco, la ricchezza e la topografia del nostro mondo interiore ci permette di imparare il cammino che ci porta a quei luoghi più isolati e suggestivi, da cui possiamo osservare la nostra realtà quotidiana da un punto di vista più alto ed elevato, e immergerci per qualche istante nell'atmosfera più tersa ed energizzante, più vicina la nostro Sé.

Esistono un'infinità di scuole, di tecniche, di metodi, che ci aiutano in questa esplorazione, e ognuno dovrà scoprire quelli più adatti, di volta in volta, al proprio percorso. Ma il riportare alla mente uno di quei piccoli fugaci istanti di "illuminazione", vissuti nell'arco della propria vita, cercando di lasciarsi riavvolgere dalla stessa atmosfera, magari aiutandosi con un'ambientazione tranquilla e rilassante e una musica adatta, è un semplice esercizio, che può trasformarsi in valido aiuto per affrontare le piccole e grandi difficoltà della vita quotidiana.

La conquista delle dimensioni superiori è, comunque, paragonabile all'ascesa di una montagna, con tutte le meraviglie e i rischi connessi alla scalata di una vetta. La qualità e l'autenticità della propria esperienza spirituale non si misura a parole, ma a fatti. E' nella pratica che si esprime la propria "illuminazione", e un certo grado di umiltà funge sicuramente da cartina tornasole, per distinguere chi dice di essere maestro, da chi lo è senza dirlo e, forse, senza neppure saperlo

Daniele Passerini ha detto...

Sottoscrivo tutto ma proprio tutto quel che hai detto!
Son convinto che noi tutti abbiamo nel corso della nostra vita minimo minimo (intendo senza cercarle) un paio di esperienze "di vetta". Proviamo a domandare a una persona (con cui siamo abbastanza in confidenza perché si apra con noi) se ha mai avuto qualche esperienza che non sa bene spiegarsi ma che comunque le è rimasta indelebilmente incisa nella coscienza... ne sentiremo delle belle! Quasi tutte le volte che l'ho fatto ho ascoltato storie da far rabbrividire Piero Angela (e tutto il CICAP)!
Bisogna avere il coraggio di non negare/rimuovere queste esperienze e allora troveremo anche modo di riviverle e di seguire la strada che ci hanno tracciato... per vedere dove conduce.

Daniele Passerini ha detto...

Cartellino giallo, Ideavagante!

Hai nuovamente inserito un commento tralasciando il non trascurabile particolare di precisare che si tratta - integralmente - dell'articolo Esperienze delle vette di Marcella Danon pubblicato 3 anni fa su http://www.lifegate.it.

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